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La valle del Calore
Roscigno Monte Pruno
Gole del Sammaro
Moio della Civitella
Trazzera degli stranieri
Monte Pruno
Vallo di Diano vista dal Monte Pruno
Capo di fiume

Monte pruno tra passato e presente

IL TERRITORIO 

Il massiccio degli Alburni sovrasta un territorio ricco di bellezze naturali e storico - artistiche ancora sconosciuto ai consueti percorsi turistico – culturali. La vallata del Sele e del Calore disegnano itinerari naturali che collegano la costa tirrenica alle zone collinari dell’interno scavalcando il passo della Sentinella all’altezza di San Rufo ed innestandosi nella valle del Tanagro, raggiungendo il Vallo Di Diano. Il “balcone degli Alburni” viene chiamata la punta più alta del Monte Pruno (879 m sul livello del mare), che domina incontrastato una fitta rete di antichi tratturi e percorsi che collegano questo territorio a Paestum e a Velia. 

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IL DISTRETTO DEGLI ALBURNI

 Il vasto distretto montano degli Alburni ha conservato nel tempo una forte identità territoriale, determinata da una ridotta rete di comunicazione che utilizzando le valli del Sele e del Calore lucano, consente il transito tra la costa tirrenica e il Vallo Di Diano. Il Monte Pruno gode di una posizione strategica eccezionale; alle falde occidentali si trova l’unico valico possibile che conduce nel Vallo Di Diano. 

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DA ROSCIGNO A VELIA

Le pendici meridionali del Monte Pruno, digradanti verso il corsi del Sammaro, sono disseminate di tracce materiali dell’antico popolamento. Il territorio circostante, fino a Sacco, si configura come un'unica realtà archeologica, culturale e storica le prime evidenze della presenza dell’uomo risalgono all’età del rame (Neolitico; fine del III millennio a.C.) e provengono da Campora, mentre da  Laurino (Grotta dei Fraulusi) e da Sacco (Grotta Grande) provengono consistenti tracce di insediamenti riferibili all’età del bronzo (XV – XII secolo a.C.). A controllo del valico di Cannalonga, in posizione strategica si trova la collina della Civitella di Moio che già alla fine del VI sec. a. C. viene popolata divenendo un centro fortificato nel corso del IV sec. a. C., quando i Lucani ne presero possesso e vi stabilirono un insediamento con case ed edifici culturali.Lungo l’itinerario fluviale del Badolato affiorano fattorie di età lucana mentre una villa rustica di età romano-imperiale è stata individuata sotto la Badia di Santa Maria. La vecchia “via del sale” attraverso la quale il prodotto delle saline di Velia raggiungeva l’entroterra ed il Vallo di Diano seguiva questo percorso fluviale.

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DA ROSCIGNO A PAESTUM

Il popolamento antico ha utilizzato come direttrici il transito dei fiumi. Le tracce materiali di una frequentazione precoce della valle del Calore sono numerose e articolate nel tempo. Il comprensorio racchiuso tra Sant’Angelo a Fasanella, Ottati e la grotta dell’Ausino, sotto Castelcivita, ha restituito la documentazione di insediamenti in grotta ed all’aperto che vanno dall’Età della Pietra (Neolitico, IV millennio a.C.) all’Età del Bronzo recente (XIII-XII sec. a.C.). Tra Bellosguardo ed Aquara abbondano le evidenze archeologiche disseminate in superficie e documentano l’esistenza di piccoli nuclei insediativi riferibili all’espansione lucana nella valle (V-IV sec. a. C.). Il transito segue poi l’ampia vallata denominata da Roccadaspide e giunge alle sorgenti del Capodifume. La zona è frequentata già nel IX sec. a.C. da una comunità pastorale, ma diventa santuario e luogo di culto legato alle acque nel IV sec. a.C.

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ARRIVANO I LUCANI

Nel corso della seconda metà del V sec. a. C. i Lucani, un gruppo indigeno di stirpe sannitica, si espandono ed occupano il territorio insediandosi stabilmente alla fine del V sec. a.C. a Paestum. Nei centri dell’interno, l’espansione lucana produce grandi cambiamenti e riassetti territoriali ed a Roscigno il segno più evidente è dato, nelle necropoli,  dal cambiamento del rituale di seppellimento, con il cadavere in posizione supina e nell’abitato con la nascita dell’edilizia pubblica e privata.

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LA TOMBA PRINCIPESCA

La Tomba principesca rinvenuta nel 1938 al margine meridionale del pianoro di Monte Pruno, nell’area dove poi sono state trovate altre sepolture più antiche, si presenta come una larga fossa tagliata nel bancone naturale con il cadavere supino ed il ricco corredo disposto tutto intorno e ai piedi, il carro da guerra. Gli oggetti del corredo – carro e punta di lancia – connotano il defunto come un capo guerriero molto ricco, perché possiede oggetti d’argento e di bronzo in grande quantità e ha praticato sport ed attività atletica, come denotano  i due strigili di bronzo adoperati per detergere il sudore dopo le gare atletiche. E’ un aristocratico lucano che conosce e pratica costumi greci come il banchetto e l’atletismo, che acquista oggetti preziosi da botteghe etrusche, tarantine, indigene ed apprezza gli splendidi vasi decorati a figure rosse che si producono ad Atene. La composizione degli oggetti del corredo permette di datare la deposizione nell’ultimo quarto del V sec. a.C.

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ECONOMIA E VIABILITA'

Agricoltura e pastorizia sono le principali fonti di sussistenza e la costante presenza di grossi contenitori, olle e pithoi, per conservare derrate alimentari ne sono la migliore verifica. La lavorazione del latte è attestata da forme per colare il siero o dalla grattugia, mentre un’attività di tessitura è segnalata dai numerosi pesi da telaio in terracotta. Gli indicatori di traffici  e commerci sono numerosi e provengono dai ricchi corredi funerari; molteplici sono i beni di lusso provenienti da botteghe etrusche, greche della costa ionica e tirrenica indigena, dell’area bradanica ed ofantina; in cambio i signori di Roscigno assicurano il passaggio nel loro territorio. Una fornace a pozzo, individuata al margine meridionale del Monte Pruno, documentata un’attività artigianale per la fabbricazione di laterizi e ceramica d’uso quotidiano. La presenza di scorie  di ferro e di scarti di lavorazione del bronzo sono la spia della lavorazione del metallo. Asse portante dello sviluppo dell’insediamento di Roscigno è la “Trazzera degli stranieri”, un grande e largo tratturo funzionante fino agli anni 60’ della nostra epoca. La via proveniente da Bellosguardo, costeggia il Monte Pruno, si dirige verso Corleto e si inoltra verso il passo della Sentinella nei pressi di San Rufo, Atena lucana ed il vallo di Diano. Un diverticolo si dirige, all’altezza di una sorgente ancora oggi in funzione, verso il pianoro del Monte, ne lambisce il margine meridionale e si dirige verso sud Il tracciato è stato sistemato, adattando il piano roccioso, già in età antica ed un piccolo saggio di verifica, all’altezza del bivio verso il pianoro, ha documentato una prima sistemazione nel corso della prima metà del IV sec. a.C.

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OGGETTI PREZIOSI PER UN'ARISTOCRAZIA

Le genti che popolano il territorio di Roscigno, nel corso del VI sec. a.C. manifestano – attraverso gli oggetti sepolti con i loro defunti – una notevole articolazione sociale; l’elemento unificante è rappresentato dalla presenza della grande olla destinata a contenere derrate alimentari, che denota il ruolo principale nell’economia del gruppo, dei prodotti agricoli e del loro accumulo.  Il rango sociale è segnato dal vasellame che compone il servizio per il banchetto funebre e per il consumo delle carni: spiedi in ferro, coppe in ceramica, brocche, situle, bacini in bronzo. Questi oggetti arrivano nel territorio come merce di scambio da botteghe in area tirrenica sia greca che etrusca.

Il ruolo guerriero è connotato dal seppellimento degli elementi dell’armatura: lancia, giavellotto, spada, elmo e scudo. La presenza nel corredo di una tomba di un guerriero di due elmi in bronzo, uno di tipo calcidese diffuso in area tirrenica ed uno di tipo corinzio più diffuso più diffuso in area apula, può rappresentare una maggiore ricchezza del defunto o potrebbe anche segnare il residuo di un bottino di guerra.

Nei corredi femminili, in cui rimane costante la presenza della grande olla, il segno della distinzione di ricchezza e di rango è costituito dai gioielli in ambra; questa resina fossile, procurata allo stato grezzo, viene lavorata probabilmente in qualche officina locale o regionale. Con l’ arrivo dei Lucani i segni della ricchezza sono largamente testimoniati dagli splendidi oggetti rinvenuti nella nota tomba principesca; nell’armatura maschile fa la sua comparsa il cinturone a lamina di bronzo con chiusura a ganci; il vasellame in ceramica proviene dalle botteghe pestane.

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RITUALI E CERIMONIE PER LA MORTE

 Le costumanze funebri costituiscono una delle categorie di evidenza archeologica più significativa per definire identità e carattere di una popolazione; dagli scavi a Roscigno è possibile cogliere le tracce di rituali e cerimonie destinate al seppellimento dei propri morti. Nel corso del VI sec. a.C. le genti che si insediano sul pianoro di Monte Pruno seppelliscono i propri morti in fosse scavate nella nuda terra, coperte da tumoli di pietra. Il cadavere è deposto in posizione rannicchiata su un fianco e gli oggetti del corredo sono disposti seguendo una liturgia ricorrente: le armi lungo i fianchi, i gioielli sul torace, ai piedi una grande olla funzionale alla conservazione dei prodotti agricoli. L’identità del gruppo che abita a Roscigno nel VI sec. a. C. è restituita oltre che dal rituale del rannicchiamento, anche dalla cultura materiale affine a quella delle genti che occupano i territori di Buccino, Atena Lucana, Satriano, Serra di Vaglio. La cultura regionale è restituita dal repertorio formale dal vasellame e da quello decorativo. La presenza dell’eccezionale rituale della cremazione su alta pira trova riscontro in altri contesti indigeni, da Pontecagnano a Roccagloriosa, fino a Tortora sulla costa calabra. L’arrivo d nuove genti, portatori di un diverso rituale di seppellimento è documentato dalla famosa “Tomba principesca", dove il defunto è deposto in una grande fossa, supino e in una cassa lignea; gli oggetti del ricco corredo sottolineano la sua appartenenza ad un ceto aristocratico e lo definiscono un capo dei nuovi abitanti del pianoro: i Lucani.

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LE FORTIFICAZIONI

Nella seconda metà del IV secolo a. C. quando ormai i Lucani si erano insediati già da tempo a Roscigno, la comunità decise di impegnarsi in un’opera di fortificazione del centro abitato. Sfruttando la sua fondazione sulla roccia naturale, il pianoro di Monte Pruno venne circondato su tre lati da una possente cinta fortificata che racchiudeva le necropoli, lasciando fuori agglomerati abitativi come quello di Cuozzi. Il muro è costruito da uno zoccolo in blocchi squadrati e lavorati in facciavista, disposti a filari più o meno paralleli (tecnica pseudo – isodoma) con un elevato in argilla, terra e paglia impastata ed essiccata al sole. Il muro ha un doppio paramento interno a ridosso del pendio collinare. La cortina interna ha il paramento in blocchi rozzamente squadrati e non lavorati, dal momento che non dovevano essere in facciavista. In questo modo il muro svolge una doppia funzione: quella di difesa militare e quella di contenimento e terrazzamento del terreno. La cinta muraria è stata messa in luce per circa settanta metri, lungo il lato sud del colle. È stata anche individuata una torre quadrata che domina il percorso viario da e verso Poseidonia, mentre un vano porta segna uno degli accessi al Pianoro.Le tecniche costruttive e la stessa cronologia, nel corso del IV secolo a. C., trovano particolari analogie con le mura di altri centri dell’interno da Buccino ad Atena Lucana, da Moio della Civitella a Roccagloriosa.

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IL RESTAURO DELLE FORTIFICAZIONI

E' stato avviato il progetto di restauro del tratto murario messo in luce tra il 1988 ed il 1993 sul versante occidentale del pianoro. La lunga esposizione agli agenti atmosferici, l’usura per il passaggio incontrollato di animali da pascolo, la crescita del manto erboso naturale, hanno causato il crollo di numerosi blocchi, lo slittamento ed il cedimento alla base del muro e, in generale, un degrado pericoloso per la stabilità e la conservazione della struttura antica. Il progetto di restauro, seguendo una strategia di intervento il meno invasiva possibile, ha privilegiato la conservazione e la stabilità della costruzione. Nelle diverse fasi di intervento sono stati realizzati la rimozione della vegetazione con un significativo alleggerimento delle spinte determinate dall’accumulo di materiale edilizio eterogeneo, il ripristino della comunità dell’apparecchio murario ricollocando i blocchi caduti, scivolati o ruotati dalla loro posizione originaria e l’integrazione di alcune lacune nel tessuto murario con l’inserimento di blocchi recuperati nei crolli. Una lamina di piombo funzionale a separare la tessitura muraria antica dalla ricostruzione del restauro è stata inserita prima della posa dei blocchi. Per evitare le infiltrazioni delle acque meteoriche ed a protezione della sommità della struttura, è stato realizzato un filare di integrazione utilizzando esclusivamente blocchi presenti sul posto, di modulo inferiore rispetto ai blocchi originari squadrati del tessuto un riempimenti di sabbia fine di fiume, un livello di argilla espansa ed uno strato di terreno vegetale proveniente dallo scavo stesso.

 

LE PRIME SCOPERTE  

Le prime “anticaglie” affiorano intorno agli anni venti quando, nel corso dei lavori agricoli, la terra restituisce elmi, statuette, vasi, metalli, monete che vengono raccolti da due medici del luogo, ed è nel 1926 che due elmi di bronzo vengono inviati al Museo di Napoli. Antonio Marzullo, primo direttore del Museo Provinciale di Salerno, avviò i primi scavi di “assaggio” che portarono al recupero di quarantasei pezzi di ambra di cui alcuni splendidamente intagliati. Il ritrovamento che rese famoso il nome di Roscigno fra gli archeologi avvenne nel 1938, quando sul Pianoro del Monte Pruno venne alla luce una sepoltura con un ricchissimo corredo. Fu immediatamente chiaro che il personaggio sepolto era un “principe guerriero”. Una prima ricognizione a Monte Pruno verrà realizzata da Juliette de La Genière nel 1963; già in superficie riconobbe le tracce evidenti di un grosso ed esteso abitato che aspettava solo di essere portato alla luce e che avrebbe riservato non poche sorprese. Ma la ricerca archeologica non prese l’avvio ed il territorio diventò dominio incontrastato di scavatori di frodo e clandestini che hanno rubato e devastato un patrimonio prezioso, irrecuperabile alla conoscenza. alla fine degli anni ottanta la Soprintendenza Archeologica di Salerno con la collaborazione dell’Università di Napoli Federico II, avvia una strategia di ricerca e tutela su tutta l’area del Monte Pruno con l’intento di definire i limiti di un futuro Parco Archeologico del Monte Pruno.

 

L’AMBRA

Dall’arabo ῾anbar, l’ambra è una sostanza organica costituita da un miscuglio di resine fossili originate da diverse conifere estinte, contenente acido succinico; di colore variabile dal giallo chiaro al giallo scuro tendente al rosso o al bruno, può presentare inclusioni di bollicine gassose, di piccoli insetti… alcune varietà sono fluorescenti. Adoperata fin dall’antichità per ornamenti, amuleti, piccoli oggetti d’uso, si rinviene principalmente lungo le coste del Mar Baltico che raggiungendo le coste del Mediterraneo costituivano la via dell’ambra. Considerata pietra sacra agli dei diventa un amuleto con valenza terapeutica ed apotropaica (che allontana il male). Nel mondo indigeno dell’Italia antica veniva lavorata in forme raffinatissime quali: teste femminili, sfingi alate, animali oltre che in perline. I gioielli d’ambra ritrovati a Roscigno sono stati lavorati in una bottega di aria campana e si datano tra la fine del VI e la prima metà del V secolo a. C.

 

L’ABITATO A CUOZZI

n una valletta prospiciente il tratturo che conduce verso il Vallo di Diano è stato individuato un complesso abitativo composto da una grande casa ed un piccolo nucleo di sepolture. La casa scavata solo per metà è di tipo monumentale ed occupa una superficie tra i 400 e i 500 mq. I vani si dispongono tra i lati di un cortile lastricato ed un porticato. La struttura della casa, con muri in zoccolo di pietre è piuttosto ricercata: le pareti erano intonacate, i pavimenti in un buon battuto ed il tetto a doppio spiovente con tegole e coppi decorati con terracotta architettoniche ed un acroterio (disco in terracotta) con testa di Acheloo. Uno dei vani funzionava da cucina e luogo di lavorazione con un grande contenitore in terracotta infisso nel terreno per immagazzinare acqua o granaglie ed un focolare in mattoni in un angolo. I materiali recuperati datano l’impianto della casa alla metà circa del IV sec. a. C. ed il suo abbandono ai primi decenni del II sec. a. C. Verso est vi è il nucleo di sepolture che dovevano appartenere al gruppo familiare che abitava la grande casa nella valletta. Sono del tipo a semi camera con il defunto deposto in posizione supina ed il corredo tutto intorno. Fa eccezione una sepoltura di un guerriero che invece è stato deposto secondo il vecchio rito del rannicchiamento. Sullo scheletro sono stati poggiati due cinturoni a larga fascia di bronzo e tutto intorno vasellame proveniente da botteghe pestane, insieme alla coppia alari e spiedi in piombo. Gli oggetti risalgono al IV sec. a.C.

Aquara, villa di età romana
Roscigno versante S/O
Roscigno Fortificazione versante S/O
Roscigno - Fortificazione S/O
Roscigno Fortificazione S/E
Roscigno - Loc. Cuozzi
Tomba 3200
Collana d'ambra da Monte Pruno
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